La digitalizzazione dei processi di ricerca tra le “6 priorità” per la ripartenza post-Covid

La digitalizzazione di studi clinici e processi di ricerca emerge tra le priorità indicate dal settore scientifico italiano in un documento programmatico diffuso la scorsa settimana. Il documento veicola sei proposte per la ripartenza post-Covid ed è il risultato di un progetto portato avanti da Associazione Farmaceutici Industria (AFI), Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI), Gruppo Italiano Data Manager (GIDM) e Società Italiana di Medicina Farmaceutica (SIMeF). Tra gli altri obiettivi anche quello di “snellire” le procedure di approvazione degli studi clinici, ad esempio con la centralizzazione in un unico comitato etico, per ogni protocollo e valido su base nazionale, in luogo dei molteplici comitati etici locali. Ma anche la possibilità di realizzare alcune procedure a domicilio del paziente e, in parallelo, il monitoraggio dello stesso da remoto. Oltre all’importanza della valorizzazione e formazione del personale impegnato nella ricerca clinica.

Obiettivo del documento, sottolineano le sigle firmatarie, è «fornire delle raccomandazioni nate dall’analisi della situazione creatasi nel corso dell’emergenza CoViD-19, allo scopo di riportare il nostro Paese a essere tra quelli più competitivi e quindi più attrattivi per gli investimenti in ricerca clinica».

Il documento programmatico sarà presentato e discusso mercoledì 1 luglio (dalle 15 alle 17) nel corso di un webinar gratuito a cui è possibile iscriversi a questo link.

Le sei proposte

  1. Approvazione in breve tempo degli studi clinici e digitalizzazione. Si raccomanda che la modalità di approvazione semplificata adottata per studi Covid possa essere mantenuta anche oltre il periodo di emergenza e applicata alle diverse tipologie di ricerca clinica (sperimentazioni interventistiche con farmaci o dispositivi medici, studi osservazionali/epidemiologici). Nello specifico, l’autorizzazione per gli studi e valida per tutto il territorio nazionale dovrebbe essere ottenuta con parere dell’Autorità Competente (ad esempio AIFA) e di un solo Comitato Etico scelto di volta in volta tra quelli operanti. Inoltre si propone di utilizzare la firma digitale per i contratti con i centri, e l’inoltro delle domande di autorizzazione esclusivamente per via elettronica.
  2. Coordinatori di ricerca/Data Manager e personale dedicato alla ricerca clinica. Il periodo di emergenza ha ulteriormente confermato come la figura dello Study Coordinator/Data Manager sia molto importante per la buona riuscita di uno studio clinico, in modo particolare a supporto dei medici sperimentatori. Si raccomanda pertanto l’adozione di misure atte ad agevolare il loro inserimento in organico in numero sufficiente e con adeguata preparazione.
  3. Partecipazione pazienti. I limiti agli spostamenti adottati in questi mesi hanno fatto emergere il problema dell’impossibilità o difficoltà di molti pazienti a recarsi presso i centri sperimentali per l’esecuzione delle visite e degli esami strumentali. Le misure proposte da AIFA hanno permesso di minimizzare il rischio per i pazienti di dover rinunciare alle cure e nel contempo hanno visto un sempre più ampio utilizzo di nuove tecnologie per rendere meno gravosa la partecipazione dei pazienti agli studi. Tra le proposte del documento, vi è quella di agevolare lo svolgimento delle visite ai pazienti anche da remoto ad esempio mediante video, utilizzo di telemedicina, telefono. Con le adeguate garanzie di qualità, incentivare la possibilità di effettuare procedure a casa del paziente tramite personale dedicato sotto la supervisione dello sperimentatore (ad esempio prelievi, somministrazione farmaco, questionari ecc.), e prevedere, ove necessario, la fornitura del farmaco direttamente a casa del paziente.
  4. Monitoraggio dello studio. Si raccomanda l’adozione di linee guida per agevolare il controllo di qualità (monitoraggio) dello studio da remoto e non solo presso il centro clinico, con sistemi adeguati e procedure uniformi tra i diversi centri di ricerca italiani. Si ritiene importante favorire l’implementazione di cartelle cliniche elettroniche validate consultabili anche da remoto dal personale autorizzato a queste verifiche di qualità.
  5. Protezione dati personali. Si raccomanda la definizione di linee guida condivise che supportino nella stesura di una modulistica più snella, favoriscano la semplificazione delle procedure e prevedano la possibilità di somministrare il consenso informato anche da remoto, in situazioni eccezionali e qualora i pazienti siano impossibilitati a raggiungere i centri di ricerca.
  6. Fondi per la Ricerca. Si raccomanda che i finanziamenti provenienti da sponsor industriali, associazioni o altri soggetti privati siano totalmente utilizzati e reinvestiti in ricerca e che, pur nella massima trasparenza, le procedure di assegnazione e gestione dei fondi per gli sperimentatori vengano rese meno burocratizzate e quindi più celeri.

La collaborazione tra Big Pharma e start-up nel nuovo ecosistema digitale della salute

La pandemia di Coronavirus ha impresso una forte accelerazione a un fenomeno già in atto: la convergenza tra tecnologie digitali e processi sanitari. Il tema è stato al centro del Simposio Webinar “Digital & Pharma negli anni 20. Nuove opportunità di sviluppo per il Paese al tempo di COVID-19” organizzato da AFI – Associazione Farmaceutici Industria, che si è tenuto lo scorso 11 giugno. In apertura del Simposio Massimo Beccaria, Vice-President di Advice Pharma, Co-founder e CEO di daVinci Digital Therapeutics, Co-founder e CEO di Alfa Technologies International Inc., ha approfondito il concetto di «ecosistema digitale della salute» indagando le sinergie tra Big Pharma e start-up.

Il concetto di ecosistema digitale

Un ecosistema digitale, per sua natura, si ispira alla struttura degli ecosistemi naturali in particolare per gli aspetti relativi alla concorrenza e alla collaborazione tra entità diverse. Si tratta dunque di un sistema socio-tecnico aperto, distribuito, adattivo con proprietà di auto-organizzazione, scalabilità e sostenibilità.

Le caratteristiche che lo definiscono riguardano l’insieme delle tecnologie digitali in grado di migliorare lo stato di salute di una persona o popolazione, la domanda di servizi e terapie digitali migliori, la presenza di attori diversi in competizione e alla ricerca di un equilibrio continuo.

Date le premesse, all’interno dell’ecosistema digitale si è sviluppata la necessità di nuovi “soggetti”, aziende dedicate a soddisfare nuovi bisogni di prodotti e servizi: le start-up. Mentre l’esigenza di utilizzare tali prodotti e servizi è in capo alle Big Pharma.

Tipologie di collaborazione tra start-up e Big Pharma

Le tipologie di collaborazione tra queste due entità all’interno dell’ecosistema digitale possono seguire differenti percorsi. Un caso è, ad esempio, il rapporto di fornitura in cui la start-up ha sviluppato un prodotto di valore e Big Pharma acquista tale prodotto, ma non ne detiene i diritti. Non diventa suo, insomma. Altro caso è invece la partnership tra i due soggetti. Questo rapporto si attua quando la Big Company e la start-up producono insieme il progetto, in questa ipotesi il beneficio è condiviso tra gli attori. Altre tipologie di collaborazione tra le due entità sono le acquisizioni parziali (quando la Big Pharma prende parte delle quote della start-up) o quelle totali (quando la start-up viene comprata e portata nell’organico della Big Pharma). Un altro caso di collaborazione è quello dell’incubatore: qui è la Big Pharma stessa a creare un ecosistema, e da questo “ambiente” attinge le competenze necessarie al funzionamento dell’ecosistema stesso.

Le barriere alla collaborazione

Esistono dei limiti alla collaborazione tra i due soggetti legati alla loro natura specifica. In primo luogo un limite è dettato dalle differenze riguardo a visione e competenze. Le società del pharma sono legate a tempi lunghi e sono connesse beni materiali, di conseguenza l’integrazione di prodotti e servizi associata ai loro beni determina un nuovo assetto organizzativo. Le start-up sono invece connesse a beni immateriali e dedicate a innovazioni tecnologiche, in questo caso le tecnologie aiutano ad avere una velocità di sbocco sul mercato superiore. Un altro limite si riscontra nel tipo di organizzazione: se da un lato le Big Company spesso presentano un assetto organizzativo poco incline all’innovazione e votato al contenimento del rischio, in quanto in molti casi si tratta di grandi organizzazioni sparse in diversi Paesi che operano in un contesto estremamente normato (il che ha come conseguenza una scarsa “elasticità” sul fronte dell’innovazione); le start-up sono invece più “fluide” e il loro focus è tutto rivolto all’innovazione. Infine c’è la barriera legata al concetto di strategia: mentre le Big Pharma hanno una visione sul prodotto nel breve periodo, che diventa poi discontinua nel lungo periodo, le start-up hanno una prospettiva “monoprodotto”, il che le porta a tendere a capitalizzare il proprio investimento per essere vendute (e alla necessità di allineamento tra founder).

Le sinergie tra i due attori

Al di là dei potenziali limiti appena descritti, le sinergie sono evidenti, e sono legate alla richiesta da parte del mercato di standard e servizi a valore aggiunto che impongono una riflessione soprattutto lato organizzativo. Con l’inclusione di una start-up, ad esempio, l’azienda può creare valore attraverso un partner dedicato al progetto o servizio senza dover integrare nella governance aziendale le attività presidiate dal partner. Si aprono poi nuove prospettive di mercato: la possibilità di unire un servizio o una terapia digitale al proprio prodotto porta a creare un maggior valore del prodotto stesso e cambiare nel tempo le dinamiche aziendali. Un’altra sinergia interessante riguarda la fidelizzazione, dal momento che i pazienti curati con una terapia digitale sono censiti e posseggono uno storico. Una struttura di analisi del dato e gestione del digitale dà nuove prospettive nella ricerca medica, con la creazione di database per lo studio e l’analisi clinica, o lo sviluppo di applicazioni di telemedicina. Si creano, in sintesi, nuove fonti di dati in grado di tracciare tutto, con evidenti vantaggi sul fronte della ricerca e dello sviluppo in campo farmaceutico. In che porta a una trasversalità tra big pharma e start-up data dalla connessione ai “beni materiali”, come anticipato in precedenza, e quelli immateriali, e le case farmaceutiche potranno usufruire di questa sinergia.

Gli scenari futuri

Si è detto dell’accelerazione sul settore, legata alla pandemia ma anche dalla nascita di nuove esigenze legate agli ecosistemi digitali. In questo panorama si possono già ipotizzare gli scenari futuri generati dalla sinergia tra Big Pharma e start-up.
Una prospettiva evidente è quella legata alla creazione di valore diretto sul prodotto o servizio. Le Big Pharma avranno acquisito dal mercato o disporranno (anche esternamente) di soluzioni digitali direttamente connesse all’ecosistema che prevede centri di cura e pazienti. Il valore dei loro prodotti non sarà più solo materiale ma anche immateriale, e parte dei loro utili saranno legati a sistemi di servizi o terapie immateriali, come ad esempio terapie digitali in add on, reti di supporto ai pazienti con lo sviluppo di tecnologie di Artificial Intelligence e così via.

Nel caso della creazione di valore diretto sul prodotto, in accordo con la creazione di valore della catena di Porter (un modello teorizzato da Michael Porter che permette di descrivere la struttura di un’organizzazione come un insieme limitato di processi), le case farmaceutiche (HQ) inizieranno a investire con servizi a valore aggiunto sui propri prodotti disponibili sul mercato (ad esempio Psp o telemedicina). Nel caso della creazione di valore diretto con servizi si assisterà a una trasformazione organizzativa completa e allo sviluppo di tecnologie che saranno disponibili in maniera massiva e intimamente connesse ai prodotti, come ad esempio terapie digitali collegate ai prodotti, dipartimenti dedicati o connessione di aziende che lavorano in esclusiva per le Big Pharma.

 

Un webinar sulle esperienze di sviluppo Digital per il Pharma

La convergenza delle tecnologie digitali con i processi sanitari, accelerata dalla pandemia di Covid-19, sarà al centro del Simposio Webinar “Digital & Pharma negli anni 20. Nuove opportunità di sviluppo per il Paese al tempo di COVID-19” organizzato da AFI – Associazione Farmaceutici Industria, che si terrà oggi, dalle 15 alle 17.

Massimo Beccaria, Vice-President di Advice Pharma, Co-founder e CEO di daVinci Digital Therapeutics, Co-founder e CEO di Alfa Technologies International Inc. sarà presente nel panel di relatori.

Le esperienze recenti di Telemedicina e Terapie Digitali sono spesso «espressione» del lavoro di startup e microsocietà che si trovano a dover fare i conti con una serie di limiti, come il mancato interesse da parte dei settori più tradizionali della ricerca sulla salute o, in rari casi, l’essere percepite come potenziali minacce all’uso consolidato delle terapie tradizionale.

A queste criticità si somma una “parziale” preparazione da parte delle istituzioni alla valutazione del loro rimborso anche quando i risultati sono comparabili a quelli delle terapie tradizionale.

Uno sbilanciamento dei diritti che potrebbe mettere a rischio o rallentare la ricerca sulla salute?

A queste e altre domande risponderanno i relatori del Simposio Webinar.

LuCApp tra i più avanzati esempi di Digital Medicine in Italia

L’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma entra a far parte del progetto LuCApp (Lung Cancer App), l’applicazione mobile sviluppata da ricercatori e medici per promuovere il monitoraggio e la gestione in tempo reale dei sintomi dei pazienti affetti da neoplasia polmonare. LuCApp si configura come uno dei più avanzati esempi di telemedicina in Italia.

Il team guidato dalla dottoressa Maria Rita Migliorino (Principal Investigator del progetto) si unisce agli altri tre centri attivi nella sperimentazione: l’Istituto Nazionale dei Tumori – INT di Milano, la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano.

Il progetto nasce nel 2018 dalla necessità di nuovi modelli di cura, in cui al modello ospedaliero si affianchino interventi in “autogestione” con l’obiettivo di aiutare i pazienti e le loro famiglie a prendersi cura di sé lungo il percorso di cura del cancro. A questo fine è stato avviato uno studio clinico progettato per valutare l’usabilità, l’efficacia e il rapporto costo-efficacia di LuCApp rispetto agli standard di cura. Lo studio LuCApp è condotto e sponsorizzato dall’Università Bocconi di Milano. AdvicePharma in qualità di  Contract Research Organization (CRO) dello studio, e in collaborazione con l’Università Bocconi, ha realizzato la app per la gestione del paziente, LUCApp, la tecnologia alla base dello studio e quella di raccolta dati attraverso la tecnologia proprietaria di gestione dati ICE (Integrated Clinical Trial Environment).

L’applicazione per il cancro ai polmoni (LuCApp) è stata resa disponibile per la prima volta su Playstore (negozio online Android) e su iTunes (negozio online Apple) ad aprile 2018.
 
Il protocollo LuCApp

Il protocollo LuCApp è uno studio di 24 settimane a due bracci, non in cieco (non-blinded), multicentrico, parallelo, randomizzato e controllato. Un totale di 120 pazienti adulti con diagnosi di tumore polmonare idonei a ricevere trattamenti farmaceutici sono stati assegnati 1:1 a ricevere cure standard o LuCApp in aggiunta alle cure standard nei siti oncologici del Nord Italia.

Durante il periodo di trattamento, LuCApp consente il monitoraggio giornaliero e la classificazione di un elenco di sintomi, e fa scattare l’allarme ai medici in caso di raggiungimento di soglie di gravità predefinite. I pazienti completano una valutazione di base e una serie di misure di esito valide e affidabili riferite al paziente ogni 3±1 settimana, fino a 24 settimane.

Gli obiettivi dello studio

L’obiettivo primario dello studio sarà quello di determinare se LuCApp, migliorando l’auto-monitoraggio degli effetti collaterali indotti rispetto agli attuali standard di cura, può portare a un aumento dei punteggi di Health Related Quality of Life (HRQoL), ossia la qualità della vita dei pazienti e di chi li assiste (care-giver), misurati dal questionario FACT-L (Functional Assessment of Cancer Therapy-Lung) dall’inizio del trattamento farmacologico per il cancro ai polmoni e fino a 12 settimane, e 24 settimane di follow-up.

Altri obiettivi secondari dello studio saranno la valutazione dell’impatto di LuCApp durante il trattamento farmacologico per il cancro ai polmoni fino a 12 settimane, e 24 settimane di follow-up dalla data di inizio della terapia su una serie di esiti.
A questo si affiancheranno i risultati relativi alla Lung Cancer Subscale, il questionario EuroQoL 5D-5L, la Hospital Anxiety and Depression Scale, il modulo breve per l’indagine sui bisogni di assistenza, il questionario di usabilità dell’applicazione e la Zarit Burden Interview, dedicata al principale care-giver.

La necessità di nuovi modelli

Come anticipato, LuCApp nasce dalla necessità di nuovi modelli nel campo della terapia oncologica, che portino all’attenzione non soltanto la cura della patologia, ma anche la frequenza dei ricoveri ospedalieri, i relativi costi, nonché la qualità della vita del paziente e di chi lo assiste (HRQoL). Lo sviluppo di strumenti di autogestione è, dunque, un’evoluzione che andrà a incidere sulla connessione tra Life Science e Information Technology, con un forte impulso sulla sanità mobile (mHealth).

Il campo però non si restringe al solo ambito oncologico. E la recente pandemia di Coronavirus ha messo in luce la necessità di tali  strumenti anche nella gestione ospedaliera e nello sviluppo di nuovi metodi di gestione del paziente in remoto. Nel 2017 erano disponibili oltre 325mila applicazioni mHealth nei principali app store e oltre 3,6 miliardi di download, con un tasso di crescita di oltre il 12,5% rispetto all’anno precedente.
Secondo i dati diffusi dalla SDA Bocconi delle 50 imprese al mondo a più alta intensità in R&S, 23 producono biotecnologie e farmaci. Un argomento che sarà approfondito oggi nel webinar “LIVE Event | Il futuro delle Life Sciences oltre la pandemia”.