Covid-19 e la spinta allo sviluppo del biobanking

Da HIBAD uno strumento essenziale per “accedere” alle informazioni contenute 
nelle biobanche secondo un metodo scientifico e codificato

Il ruolo delle biobanche nel settore della ricerca e della sperimentazione in ambito medico e scientifico è emerso con forza nel corso della pandemia di COVID-19. Negli ultimi mesi la comunità scientifica ha riorganizzato le proprie attività andando a ridefinire il perimetro delle biobanche, e attribuendo a queste “infrastrutture” un ruolo nodale nella lotta al SARS-CoV-2. A questo scopo, come riporta il sito specializzato Labiotech.eu, le collaborazioni preesistenti di biobanche con ospedali, gruppi accademici e produttori si sono poste come punto di partenza “informale ma solido” per la ricerca.

La necessità di un confronto a livello internazionale ha però messo alla prova le strutture non preparate a una tale domanda. Il primo limite emerso ha riguardato i metodi di condivisione dei campioni disponibili e, in molti casi, le diverse pratiche riguardanti la raccolta, la conservazione e i requisiti di consenso si sono dimostrati una barriera insormontabile per l’accesso transfrontaliero. Per risolvere questa criticità diverse istituzioni sanitarie si sono adoperate per creare delle linee guida che facilitassero la condivisione dei dati durante la pandemia, ed è aumentata la collaborazione tra strutture accademiche, ricercatori, aziende farmaceutiche e biotecnologiche. Un esempio importante arriva dalle due organizzazioni leader mondiali nel biobanking, l’ISBER e l’European Biobanking and BioMolecular Resources Research Infrastructure (BBMRI-ERIC), che hanno unito gli sforzi per creare un catalogo globale delle collezioni di campioni COVID-19, fornendo una piattaforma di scambio con altre risorse di biobanking rilevanti.

La messa a terra di un programma, che nel mondo scientifico era già un obiettivo concreto, ha visto quindi un’accelerazione dettata dalla necessità di fornire risposte immediate agli imperativi imposti dalla pandemia.

Il progetto HIBAD e l’accesso ai dati delle biobanche

La creazione non solo di un ambiente che consentisse la raccolta e la catalogazione di campioni, e la condivisione dei dati è un obiettivo perseguito da tempo anche in Italia. A questo si aggiunge la necessità di “accedere” alle informazioni contenute nelle biobanche secondo un metodo scientifico e codificato. Un esempio virtuoso in tal senso è costituito da HIBAD (Hub regionale Integrato Biobanca Analisi Dati e utilizzo sperimentale), vincitore lo scorso anno della call “Hub Ricerca e Innovazione” della Regione Lombardia. HIBAD è un progetto realizzato da AdvicePharma in collaborazione con BioRep Srl, società del Gruppo Sapio e azienda capocordata della call della Regione (che ha visto coinvolte anche IRCCS E. Medea e Diabetes Diagnostics Srl), e prevede la costruzione di un sistema integrato di raccolta di campioni biologici e dati clinici per la ricerca biomedica, supportato da servizi biotecnologici e digitali. Obiettivo di questa fitta rete di competenze e collaborazione tra scienza e innovazione digitale è quello di creare una piattaforma di archiviazione informatica e di interrogazione dei database clinici che verrà poi fornita in dotazione alla nuova biobanca che andrà a integrarsi con le strutture per la ricerca dello Human Technopole (ex sede Expo 2015).

In questo modo AdvicePharma e Biorep hanno costruito un tassello del futuro Centro regionale di risorse biomediche (CRRB). HIBAD, infatti, tramite l’utilizzo della tecnologia proprietaria ICE-EDC (Integrated Clinical Trial environment) di Advicepharma, permetterà ai ricercatori di tutto il mondo di utilizzare in maniera efficiente, e con logiche di Artificial intelligence (AI) e machine learning, la mole di dati conservata presso il CRRB.

Cosa ci attende in futuro

In futuro, le biobanche giocheranno un ruolo essenziale in diverse aree mediche, tra cui la medicina guidata dai dati e la medicina di precisione. La domanda di biobanche sarà dunque destinata a crescere. E già oggi si assiste a un incremento della collaborazione nel biobanking multidisciplinare, indirizzato, ad esempio, alla conservazione di diversi tipi di campioni e dati che comprendono campi diversi tra cui la genomica, la proteomica, le malattie rare e le terapie con cellule staminali.

La speranza, oggi, è che il ruolo centrale giocato da queste infrastrutture nella lotta contro COVID-19 evidenzi la loro posizione insostituibile come centri chiave per la sanità.

 

 

La spinta della Digital Health al trattamento delle patologie cognitivo-comportamentali

La Digital Health, che comprende tra le altre, anche le applicazioni di telemedicina e le Digital Therapeutics (DTx) ha avuto un imponente sviluppo imposto anche dalle restrizioni dovute alla pandemia. Parallelamente, oltre alle conseguenze sociali e sanitarie legate a ricoveri, terapie intensive e monitoraggio dello stato dei soggetti affetti dal virus SARS-CoV-2, si è assistito a un incremento dei disturbi mentali, anche come conseguenza diretta dell’infezione della COVID-19. Il tema è emerso in uno studio condotto lo scorso anno dall’Organizzazione mondiale della sanità.

L’OMS ha rilevato come il 70% dei Paesi (91 su 130) inclusi nell’indagine – che hanno dovuto interrompere le prestazioni ambulatoriali per le persone affette da patologie mentali nel corso della pandemia – abbia fatto ricorso all’utilizzo di applicazioni di telemedicina o teleterapia (includendo tra questi anche l’utilizzo di telefono e videoconferenze)

Come riporta un recente articolo del Corriere della Sera, il rimando alla Digital Health nel settore delle patologie legate alla sfera dei disturbi della mente o del comportamento è ormai una costante. Digitando “Digital Mental Health” sul motore di ricerca PubMed si arriva a oltre 3.200 risultati, di cui oltre 700 da gennaio a oggi.

Le DTx per i disturbi cognitivo-comportamentali

Il campo di applicazione è senz’altro vasto e comprende patologie quali quelle legate alla sfera psichiatrica e, come detto, altri disturbi che vanno dall’insonnia ai disturbi alimentari. Nello specifico degli interventi terapeutici digitali legati al settore, a oggi la capofila (in assoluto) è reSET, la prima terapia digitale approvata dalla FDA Usa. Si tratta di una Prescription Digital Therapeutic (PDT) per il Disturbo da Uso di Sostanze (SUD) fornisce una terapia cognitivo comportamentale (CBT), in aggiunta a un sistema di gestione delle emergenze, per pazienti dai 18 anni in su arruolati in trattamento ambulatoriale sotto la supervisione di un medico.

Lo sviluppo in Italia e la collaborazione tra Advicepharma e Valerio Rosso

In Italia lo sviluppo del settore, soprattutto con rimando alle DTx, è ancora indietro. Ma i temi della Digital Health nel settore delle patologie della sfera cognitivo-comportamentale sono legati a doppio filo anche a terapie indirizzate alla cura di altre patologie. Per questo motivo AdvicePharma ha da tempo avviato una collaborazione con Valerio Rosso, medico-chirurgo, psichiatra, psicoterapeuta e divulgatore (è autore di un blog molto seguito, valeriorosso.com, di un podcast, Lo Psiconauta, e ha un canale Youtube molto attivo) che, tra i vari temi legati alla sfera della salute mentale, approfondisce anche quelli della psichiatria digitale o salute mentale digitale.

Forte delle sue competenze, Rosso ha contribuito allo sviluppo dei contenuti multimediali relativi alla Mindfulness, per una DTx indirizzata al trattamento delle patologie legate all’insufficienza renale cronica e per una terapia digitale che supporta l’aderenza ai trattamenti per pazienti onco-ematologici. Entrambe le DTx hanno completato lo sviluppo della parte tecnologica e si trovano nello “step successivo”, ossia quello della sperimentazione clinica, come previsto dalla ISO 13485 per i dispositivi medicini a base di software (SaMD). AdvicePharma contribuisce con i suoi software allo sviluppo delle tecnologie e come CRO si occuperà anche della loro validazione clinica.