EIT Health, €7 mln per accelerare l’assistenza sanitaria digitale

Biotecnologie, diagnostica, salute digitale e tecnologia medica guidano la nuova tendenza che porta anche il non profit e le organizzazioni internazionali a stabilire finanziamenti in risposta all’emergenza COVID-19. EIT Health, la divisione dedicata alla salute dell’European Institute of Innovation and Technology (EIT), ha stanziato sette milioni di euro di finanziamenti tramite l’iniziativa COVID-19 Rapid Response per supportare progetti a breve termine con l’obiettivo di contribuire alla gestione della pandemia di SARS-CoV-2.

EIT Health, che riunisce circa 150 partner provenienti dal mondo accademico, dalla ricerca e dall’industria farmaceutica e sanitaria, nonché provider di servizi sanitari, ha promosso il finanziamento di 15 progetti di innovazione sanitaria in tutta Europa. I progetti, che saranno completati entro la fine del 2020,  sono gestiti da 41 partner con il coinvolgimento diretto dei servizi sanitari per garantire che gli strumenti finanziati possano essere costruiti in linea con le esigenze cliniche, e implementati il più rapidamente possibile. L’obiettivo di EIT Health è accelerare il cambiamento nell’assistenza sanitaria digitale, dove l’urgenza era già necessaria prima della pandemia, aumentare la competitività dell’industria europea, migliorare la qualità della vita dei cittadini europei e la sostenibilità dei sistemi sanitari.
«COVID-19 ha evidenziato la nostra vulnerabilità, ma ci permette anche di riunirci e collaborare per trovare nuovi modi per rafforzare i nostri sistemi sanitari e creare soluzioni per meglio equipaggiare gli operatori sanitari che lavorano instancabilmente per farci superare questo momento estremamente difficile», ha detto Jan-Philipp Beck, CEO di EIT Health. «I progetti che abbiamo selezionato mostrano tutti un grande potenziale utilizzando la potenza della rete EIT Health per sviluppare soluzioni all’avanguardia».

Tra i progetti finanziati emergono lo sviluppo di un test diagnostico, guidato dall’Imperial College di Londra, che ha l’obiettivo di rilevare basse concentrazioni del virus e consentire una diagnosi più precoce. Un altro progetto è la soluzione per il triage clinico FastRAI, sviluppata dalla TU Munich e basata su teleradiologia e intelligenza artificiale (AI), che consente agli operatori sanitari di identificare i pazienti che necessitano di cure in ospedali e quelli che possono essere gestiti in remoto a domicilio. Un altro progetto, Covidom Community, guidato da AP-HP in Francia, creerà un’applicazione web per facilitare la gestione dei pazienti infettati dal virus gestiti presso il loro domicilio, con l’utilizzo del telemonitoraggio; l’applicazione sarà in grado di rilevare rapidamente (con un’allerta) la necessità del ricovero in ospedale quando le condizioni del paziente peggiorano. A questo si affiancano soluzioni digitali per la formazione degli operatori sanitari e risorse di dati per migliorare la gestione, la prognosi e i risultati dei pazienti; iniziative basate sui dati per identificare i biomarcatori associati alla progressione di COVID-19 e alla risposta al trattamento nelle prime fasi della malattia; misure per ridurre la carenza di dispositivi di protezione individuale (DPI), prodotti sanitari e forniture mediche.

Beck ha detto che COVID-19 accelererà il cambiamento nell’assistenza sanitaria digitale, dove l’urgenza era già necessaria prima della pandemia. «In futuro assisteremo a una drastica accelerazione della eHealth e della telemedicina che erano in ritardo, e adesso ci attendiamo uno sviluppo molto più veloce».

La spinta di COVID-19 alla gestione digitale del dato clinico

La pandemia COVID-19, tra i numerosi effetti, ha avuto anche quello di accelerare l’adozione diffusa di software di collaborazione e comunicazione per consentire l’assistenza medica a distanza e ridurre il rischio di trasmissione del SARS-CoV-2 tra i pazienti e gli operatori sanitari.

L’impulso alle nuove sperimentazioni di telemedicina si è reso necessario sia nella gestione dei pazienti cronici, ossia quanti hanno necessità periodiche di consulti e visite mediche, sia per la sperimentazione di nuove terapie. La digitalizzazione è alla base di questi nuovi sviluppi e ha portato all’affermazione della telemedicina oltre che dell’organizzazione interna, anche ospedaliera, sul piano virtuale.
Un lungo articolo pubblicato questo mese su The Lancet descrive le principali sperimentazioni avviate presso il Massachusetts General Hospital di Boston, negli Stati Uniti, in cui per la gestione dell’epidemia e il mantenimento della gestione ospedaliera, sono stati “istituzionalizzati” due sistemi: i turni virtuali del personale sanitario e un sistema di virtual intercom communication. Quindi sebbene i precedenti sforzi per espandere le offerte di assistenza virtuale siano stati accolti con resistenza, la COVID-19 ha evidenziato l’enorme valore dell’erogazione di cure a distanza e mai prima di questa pandemia erano emerse, con tanta forza, le lacune nella costruzione di solidi sistemi di condivisione dei dati per l’analisi su larga scala e in (quasi) real-time nel settore sanitario.

Sempre su The Lancet è stato fatto il punto sull’enorme mole di dati raccolti a livello ospedaliero, dalla gestione delle cartelle cliniche elettroniche, ai dati fisiologici, di laboratorio, di imaging, decisionali e di trattamento. Tutti dati registrati, e da cui si potrebbero trarre importanti informazioni per l’implementazione delle indagini epidemiologiche, oltre che per guidare i protocolli di trattamento quando i dati degli studi clinici non esistono o potrebbero essere troppo lenti per informare una situazione in rapida evoluzione. «Mentre il numero di sperimentazioni aumenta, i dati di trattamento in tempo reale si accumulano, immagazzinati nei sistemi ospedalieri», scrive The Lancet. «Quando si considera COVID-19, l’intuizione che potremmo ottenere da un insieme di dati raccolti e disponibili al pubblico, analizzati da ricercatori di istituti accademici e dell’industria, è inestimabile e necessaria».

Il ruolo delle società che fanno Clinical Data Management

Emerge come i dati siano alla base dello studio. Ma senza l’utilizzo di tecnologie per la loro gestione la loro utilità si disperde. È in questa sede che entrano in campo le società che si occupano di gestione e archiviazione dei clinical data.
Advice Pharma, in questo settore ha sviluppato il progetto HIBAD, che consente una gestione efficace dei dati clinici, integrando le informazioni disponibili presso le diverse strutture sanitarie e di ricerca, con l’obiettivo di utilizzare tali dati nella clinical research, anche con il supporto di strumenti di Artificial Intellingence (AI) e Machine Learning. Hanno partecipato allo sviluppo di HIBAD anche BioRep Srl, società del Gruppo Sapio, l’IRCCS Eugenio Medea, e Diabetes Diagnostics Srl. HIBAD prevede la costruzione di un sistema integrato di raccolta di campioni biologici e dati clinici per la ricerca biomedica, basato sulla tecnologia di gestione dati ICE (Integrated Clinical Trial Environment) di Advice Pharma.

Di recente si sono mosse sia la Food and Drug Administration (FDA) sia la European Medicines Agency (EMA) per incoraggiare un maggiore utilizzo delle tecnologie di condivisione dei dati e, sempre nel rispetto delle GCP (Good Clinical Practice), si assiste all’avvio di un nuovo modello, guidato dalla telemedicina, che si disancora dalle visite periodiche in loco e punta sulle tecnologie digitali che hanno un impatto positivo sia sulla tutela del paziente (che non è esposto a situazioni di pericolo, come nel caso della recente pandemia) sia sulla conduzione di studi e trial clinici.

RESPONSE, da Bari lo studio no-profit sull’efficacia di Cangrelor nel trattamento delle PCI

È stato approvato, lo scorso novembre, lo studio RESPONSE, che mira a indagare l’efficacia del trattamento di Cangrelor, un inibitore del recettore P2Y12 (il recettore coinvolto nel processo di aggregazione piastrinica), nella riduzione delle complicanze ischemiche nei soggetti sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI).

RESPONSE è un Registro osservazionale prospettico, multicentrico, in fase di avvio presso l’Ospedale Santa Maria di Bari, promosso dalla Fondazione Gise Onlus, con il supporto di Advice Pharma, e si inquadra nel rispetto della normativa sugli studi senza finalità di lucro (no-profit), così come stabilito dal Decreto Ministeriale del 17 dicembre 2004. Obiettivo della Fondazione Gise Onlus è quello di promuovere lo sviluppo della conoscenza umana nel settore medico-scientifico, in particolare nel campo delle malattie cardiovascolari e della Cardiologia Interventistica. Sul solco della ricerca, Advice Pharma ha supportato l’attivazione del Registro clinico e, in qualità di Contract Research Organization (CRO), sarà responsabile del clinical data management, tramite la tecnologia proprietaria di gestione dati ICE (Integrated Clinical Trial Environment), oltre che del supporto ai centri di ricerca per tutta la durata dello studio.

Per l’interesse scientifico ricoperto da RESPONSE, connotabile come rilevante per il miglioramento della pratica clinica in termini di sviluppo di nuove strategie terapeutiche che mirano a un migliore rapporto costo/efficacia del sistema sanitario, lo studio è parte integrante dell’assistenza sanitaria.

Cos’è Cangrelor

Cangrelor, come anticipato, è un nuovo inibitore del recettore P2Y12 per via endovenosa ad azione rapida e diretta, e si è dimostrato efficace nel ridurre le complicanze ischemiche peri-PCI: nei soggetti sottoposti a intervento coronarico percutaneo, porta a una riduzione dei rischi trombotici senza aumentare quelli emorragici. I recettori piastrinici P2Y12, infatti, svolgono un ruolo chiave nell’attivazione delle piastrine e nella formazione dei trombi. Di conseguenza, gli antagonisti dei recettori P2Y12 sono la pietra angolare della prevenzione secondaria degli eventi aterotrombotici in pazienti sottoposti a PCI. E Cangrelor permette un’inibizione piastrinica periprocedurale efficace e controllabile. Data questa premessa, il suo utilizzo potrebbe ridurre gli eventi ischemici a breve termine in grandi studi clinici randomizzati.

Gli obiettivi dello studio

RESPONSE ha due obiettivi principali:

  1. valutare l’efficacia e la sicurezza nell’utilizzo di Cangrelor in pazienti con Stable Coronary Artery Disease (SCAD) con PCI Complesse;
  2. valutare l’utilizzo di Cangrelor e confrontare le sue prestazioni con il pre-trattamento con gli inibitori di P2Y12 e con la loro somministrazione solo dopo la procedura.

Lo studio coinvolge pazienti con oltre 65 anni di età al momento della firma del consenso informato, che presentano SCAD ad alto rischio. Il tempo di arruolamento è pari a 12 mesi, e l’ultimo follow-up avviene 30 giorni dopo l’arruolamento (il primo e il secondo sono rispettivamente un’ora e 48 ore dopo l’arruolamento). RESPONSE prevede 550 soggetti disponibili al trial in quattro centri partecipanti.

Lo studio sarà condotto secondo Good Clinical Practice, in accordo con la dichiarazione di Helsinki e successive revisioni, e in accordo con le procedure stabilite dal protocollo e in osservanza del D.Lgs 211/2003 (Attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico).

OCSE: 7 azioni per rafforzare l’Open Science

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha indicato 7 azioni per superare la crisi innescata dalla COVID-19, tra queste la realizzazione di infrastrutture e piattaforme per l’archiviazione e l’accesso ai dati clinici. La ricerca, in questo come in altri settori, fornisce già esempi. È il caso del portale HIBAD sviluppato da AdvicePharma

 

La presenza di infrastrutture adeguate, che comprendano anche una «rete globale di repository certificati, affidabili e interconnessi», è una necessità emersa con forza nel corso della pandemia di COVID-19, e sarà un nodo centrale per la ripartenza nel dopo crisi. A sottolineare l’urgenza di queste infrastrutture è la stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che, in un’analisi pubblicata sul suo sito dal titolo «Why open science is critical to combatting COVID-19» nella sezione OECD Policy Responses to Coronavirus (Covid-19) dedicata alla “Resilient Healthcare” ha indicato sette azioni che possono contribuire a rafforzare l’open science, rimuovendo «gli ostacoli al libero flusso di dati e idee di ricerca» in risposa alla crisi innescata dalla pandemia di Coronavirus. Tra queste, appunto, la necessità di creare infrastrutture e piattaforme che garantiscano l’archiviazione dei dati e la possibilità di accesso in sicurezza a tali informazioni.

Questioni in sospeso

L’Organizzazione internazionale parla di «questioni in sospeso» che limitano ancora la fiducia e l’accesso agli open data, ma sottolinea come, già nelle precedenti epidemie, la condivisione dei dati sia stata un fattore chiave per combattere la malattia. E mentre i dati su COVID-19 continuano a essere condivisi, l’Ocse elenca una serie di sfide ancora in corso. In primo luogo non tutti i dati sono FAIR (Findable, Accessible, Interoperable and Reusable), o non lo sono ancora; altri problemi riguardano la dispersione delle fonti, la difficoltà di accesso alle cartelle cliniche; l’assenza, in alcuni Paesi OCSE, di una legislazione volta a promuovere l’interoperabilità e ad evitare il blocco delle informazioni.

I 7 comandamenti OCSE sulla condivisione dei dati

A fronte di questi limiti, l’OCSE individua, come anticipato, sette azioni per rafforzare l’open science:

  1. Realizzare modelli di «governance dei dati» in cui si garantisca l’accesso alle informazioni per gli studi scientifici e, al contempo, si monitori la privacy individuale.
  2. Creare quadri normativi che consentano l’interoperabilità tra network sanitari e data provider (si attendono, in proposito, le raccomandazioni del gruppo di lavoro COVID-19 interno alla Research Data Alliance).
  3. Coinvolgere tutti gli stakeholder (pubblici, privati e società civile) nella creazione di un modello di governance per l’utilizzo sicuro dei dati, che includa politiche di trasparenza e meccanismi di responsabilità (etici e normativi).
  4. Definire incentivi e premi per i ricercatori che consentono la divulgazione e la condivisione “immediata” dei dati. Azione, questa, che dovrebbe essere favorita dalle politiche nazionali e istituzionali al fine di garantire la condivisione dei dati come “norma”.
  5. Assicurare un’infrastruttura adeguata (inclusi gli archivi di dati e software, l’infrastruttura di calcolo e le piattaforme di collaborazione digitale) che includa una rete globale di repository certificati, affidabili e interconnessi con standard compatibili per garantire la conservazione a lungo termine dei dati FAIR su COVID-19, e la preparazione ad eventuali emergenze future.
  6. Assicurare la presenza di un adeguato capitale umano e di capacità istituzionali per gestire, creare, curare e riutilizzare i dati della ricerca.
  7. Consentire l’accesso oltre confine alla ricerca sui dati sensibili, su base limitata ad ambienti sicuri. Questo riguarda principalmente i dati clinici che non possono uscire dall’archivio originale, ma che potrebbero essere potenzialmente accessibili tramite algoritmi mobili che potrebbero utilizzare i dati per rispondere a specifiche domande poste nella ricerca.

HIBAD

L’analisi dell’OCSE arriva in un momento in cui tutta la comunità medica e scientifica si trova a richiedere strumenti all’avanguardia che consentano risposte concrete e immediate alla crisi. Ma la ricerca, in questo come in altri settori, fornisce già esempi. È il caso del portale per la ricerca HIBAD sviluppato da AdvicePharma assieme a BioRep Srl, società del Gruppo Sapio, l’IRCCS Eugenio Medea, e Diabetes Diagnostics Srl. HIBAD prevede la costruzione di un sistema integrato di raccolta di campioni biologici e dati clinici per la ricerca biomedica, basato sulla tecnologia di gestione dati ICE (Integrated Clinical Trial Environment) di AdvicePharma, supportato da servizi biotecnologici e digitali ai massimi livelli di qualità.

La piattaforma digitale di HIBAD fornirà strumenti informatici per il trattamento e l’analisi di grandi quantità di dati digitali, il data-mining, la validazione di ipotesi scientifiche e la generazione di nuove ipotesi interpretative dei dati, grazie tecnologie di machine learning e intelligenza artificiale sviluppate nell’ambito del progetto. Questi sistemi esperti e di machine learning permetteranno di estrarre, dall’analisi integrata di dati clinici, esami di laboratorio e marker genetici, sierici e funzionali, nuovi indicatori diagnostici e prognostici ed elementi di indirizzo per il trattamento preventivo, terapeutico, riabilitativo. L’obiettivo è la creazione di una infrastruttura di archiviazione informatica e interrogazione dei database clinici collegati alla nuova biobanca che in futuro andrebbe a integrarsi con le strutture per la ricerca dello Human Technopole (ex sede Expo 2015) di Milano.