Pubblicati su Circulation i risultati dello studio internazionale Fabolus-Faster. AdvicePharma CRO del trial, ICE la eCRF utilizzata

È stato completato con successo lo studio Fabolus-Faster, il trial clinico volto a indagare gli effetti della somministrazione degli inibitori piastrinici tirofiban e cangrelor, associati a prasugrel, in pazienti con infarto miocardico con elevazione del tratto ST (STEMI) sottoposti a intervento coronarico percutaneo primario (PCI).

Fabolus-Faster è uno studio multicentrico randomizzato, open-label, promosso da Inselspital – Bern University Hospital (promotore non profit), mentre AdvicePharma ha seguito tutte le fasi dello studio e, in qualità di Contract Research Organization (CRO), ha supportato l’iter autorizzativo presso le autorità nazionali competenti e i comitati etici, e si è occupata per il progetto del clinical data management, tramite la tecnologia proprietaria di gestione dati ICE (Integrated Clinical Trial Environment).

Lo studio, avviato a luglio 2017, ha coinvolto due centri in Italia e uno in Svizzera. I centri italiani che hanno partecipato al trial sono il Dipartimento di Cardiologia, Cardiochirurgia ed Emergenze Cardiovascolari Azienda Ospedaliero-Universitaria Federico II di Napoli (centro coordinatore), e l’U.O. Cardiologia,  Azienda Ospedaliera – Universitaria di Ferrara.

Lo studio

Fabolus-Faster è il primo studio che confronta gli effetti farmacodinamici (PD) del cangrelor (un inibitore P2Y12 per via parenterale diretta) con tirofiban (un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa), nonché gli effetti farmacocinetici (PK) di un’assunzione per via orale di 60 mg di prasugrel (un inibitore P2Y12 indiretto) tra i pazienti STEMI sottoposti a PCI primario.
La sperimentazione ha coinvolto 122 pazienti nelle fasi iniziali del PCI primario, assegnati in modo casuale (1:1:1) a cangrelor (n=40) e a tirofiban (n=40) entrambi seguiti da una dose di prasugrel; o soltanto prasugrel (=42). Di questi 39 in Italia e 83 a Berna.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sul prestigioso giornale Circulation, della  American Heart Association.

Lo studio è stato condotto secondo Good Clinical Practice, in accordo con la dichiarazione di Helsinki e successive revisioni.